Pur essendo parte di un mondo romantico e spesso del tutto etereo, a volte il whisky scozzese deriva anche, purtroppo, da produzioni aziendali. I grandi brand intergalattici di alcolici possono possedere fino a una mezza dozzina di marchi allo stesso tempo, e omogeneizzare così il modo in cui i loro whisky vengono realizzati, delegando esternamente parti del processo o comprando materie prime pre-lavorate per motivi di convenienza. Sebbene non ci sia nulla di sbagliato di per sé, questo a volte sfocia in una personalità del marchio che risulta essere (e qui concedetemi un giochino di parole) un po’ diluita…
Ma non a Springbank, distilleria storica presso Campbeltown, una delle uniche tre restanti in questa piccola cittadina che una volta ne ospitava ben più di 30. I whisky di Campbeltown (o quel che ne resta, quanto meno) sono noti per il loro carattere robusto dalle note intriganti. E mentre Springbank prosegue la sua attività sotto la guida della J & A Mitchell & Company, una realtà a conduzione familiare di quinta generazione che possiede anche la distilleria locale di Glengyle e l’azienda di imbottigliamento William Cadenhead, la famiglia fondatrice continua a impegnarsi per riuscire a mantenere l’indipendenza di Springbank a tutti i costi.
Non è nemmeno una questione di marketing. Springbank è una rarità nella produzione di whisky proprio perché la distilleria vigila su ciascuna fase del processo di realizzazione, dall’origine dell’orzo alle fasi finali di imbottigliamento ed etichettatura.
Come si può ben immaginare, tale procedimento è arricchito da interessanti tradizioni e idiosincrasie che contribuiscono a dare personalità al prodotto finito. La prima di queste è la fase di maltazione. Springbank è una delle poche distillerie che ancora lavora l’orzo raccolto “in-house” utilizzando una tecnica vecchia di generazioni. Spesso i distillatori più popolari lavorano l’orzo fuori sede oppure affidano tale operazione a terzi, ma Springbank dà inizio alla maltazione all’interno del proprio fienile: l’orzo viene immagazzinato, immerso in acqua fresca per due-tre giorni e disposto in strati poco profondi su delle apposite superfici, dove poi viene girato a mano a intervalli regolari.
Questo stimola la naturale germinazione del cereale che comincia a rilasciare gli zuccheri contenuti al suo interno. Una volta maltato, il kilning (l’essiccazione del malto in un forno di mattoni) arresta la germinazione e dona all’orzo anche un lieve sapore di affumicato, specialmente se si utilizza un fuoco di torba, come nel caso di Springbank e Longrow, un altro whisky prodotto dalla distilleria.
Il malto così essiccato viene quindi macinato in una polvere grossolana chiamata “grist” (a questo scopo, Springbank utilizza un preziosissimo antico mulino per malto Porteous degli anni ‘40), che viene trasferito nel secolare tino di ammostamento in ghisa della distilleria, ricoperto di acqua calda e mescolato per favorire il rilascio degli zuccheri. Dopo la fermentazione con il lievito all’interno di sei fusti in legno, il liquido arriva a contenere circa il sei per cento di alcol, ed è quindi pronto per la distillazione in vini bassi (lo spirito più leggero che non passerà la selezione) e il taglio, la parte buona che diventerà whisky.
La distillazione rappresenta forse la fase meglio conosciuta del processo di produzione del whisky. Ogni singolo distillatore è responsabile per il design e la manutenzione dei propri alambicchi in rame. Forma e dimensioni influenzano infatti il gusto e l’aroma del liquore a cui danno origine. In genere, gli alambicchi più corti e larghi danno whisky più pesanti, mentre da quelli più alti e snelli si ottiene un prodotto dal gusto più leggero.
I tre alambicchi di Springbank sono idiosincratici. “I nostri hanno dei bracci a lira con una leggera inclinazione verso il basso che conferiscono allo spirito un profilo pieno, che è ciò per cui sono tradizionalmente noti i whisky di Campbeltown”, spiega Watson. “Nella nostra distilleria produciamo tre Single Malt con tre diverse tecniche di distillazione, la più complessa delle quali è la Springbank. Una parte viene distillata due volte, mentre l’altra tre volte, ottenendo così quella che noi chiamiamo doppia distillazione e mezzo”. Come potrete immaginare, grazie a questa tecnica si produce solo il liquore della più alta qualità a Springbank, che è caratterizzato da un profilo strutturato e robusto.
Oltre alla distillazione, l’altro elemento del processo che dona a questo whisky il suo carattere è la selezione di barili in legno di quercia adibiti alla maturazione. Springbank riempie tutti i suoi barili a mano con un alcol al 63,5 per cento di ABV, che sarà lasciato maturare per un minimo di tre anni per trasformarsi in Scotch; normalmente lo si lascia per 10 anni o anche molti di più. È la scelta del barile della distilleria, oltre alla sua posizione unica e al clima umido della penisola che dà forma ai sapori distintivi del whisky.
A questo proposito, che cosa ci si può aspettare da un whisky Springbank? “Siamo noti per il nostro profilo strutturato e robusto che lascia una sensazione di viscosità in bocca”, dice Watson. “Springbank è ricco di note fruttate e speziate, si sente l’aroma della torba ed è caratterizzato da un sottofondo terroso e marittimo impartito dalla maturazione dello spirito in uno dei nostri tradizionali magazzini di paglia qui in Campbeltown. Ci troviamo in fondo alla penisola di Kintyre, proprio sulla costa”. Una volta ritenuto pronto, il direttore della produzione di Springbank, Gavin McLachlan, procede al trasferimento dei barili invecchiati per l’imbottigliamento e l’etichettatura, giungendo così alla parte finale del processo. Molte distillerie aggiungono coloranti artificiali o filtrano il loro whisky prima dell’imbottigliamento, ma non a Springbank, dove si preferisce che sia il suo Scotch a parlare da solo.
Questo modo di fare senza compromessi rafforza notevolmente la posizione unica di Springbank nel panorama del whisky. Anche parlando con il personale della distilleria per scrivere questa storia, l’azienda sembrava voler mantenere un profilo basso, come fossero più interessati a continuare a distillare tranquillamente il loro whisky piuttosto che ad assecondare un giornalista fastidioso. Ho avuto la fortuna di lavorare e scrivere su diverse aziende a conduzione familiare come Springbank nel corso degli anni, e come denominatore comune tutte sembrano propendere a minimizzare il proprio operato. Watson ottiene l’ultima parola a proposito.
“Arrivare alla quinta generazione di conduzione familiare ci ha donato una prospettiva unica sulla gestione di una distilleria di whisky”, dice. “Abbiamo visto diversi boom e arresti nell’industria, in particolare a Campbeltown. Si percepisce un certo senso di successione nel business e l’aspettativa di lasciare l’azienda in buono stato per la generazione futura. Siamo semplicemente dei custodi di questa distilleria e ciò ci rende molto orgogliosi”.
(Fotografie di Tom Griffiths)
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