L'Arte della Perfezione
Il sakè Sawanoi: una vita in divenire
Di Yoshimi Hasegawa
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Ozawa Shuzo, fondata nel 1702, si trova a Okutama, un’abbondanza di bellezze naturali seppur compresa nell’area metropolitana di Tokyo. Sawanoi, il nome del marchio, deriva originariamente dalla località della zona di Sawai, nota per le sue acque cristalline. La storia di Ozawa Shuzo risale a più di 300 anni fa ed è sempre stata la distilleria di sakè più amata dai locali dell’area di Okutama, a Tokyo, nonché la più antica della regione.

Okutama, con le sue foreste lussureggianti e circondata dai monti, dista circa un’ora e mezza di macchina da Tokyo, seguendo la Metropolitan Expressway. Qui, nella zona di Sawai, dove il fiume Tamagawa scorre veloce attraverso la valle di Mitake-Keikoku, Ozawa Shuzo Co., Ltd. ha scolpito la storia fin dalla sua fondazione.

A sinistra, oltre il cancello sul quale è appesa l’insegna dell’azienda, si trova la casa dal tetto di paglia della famiglia Ozawa. A destra si estende un kura dalle pareti bianche, un tradizionale magazzino giapponese in cui il sakè viene prodotto, lasciato invecchiare, imbottigliato e conservato. In fondo si trova un altro kura, chiamato Genrokuzo. Il kura e la casa sono stati costruiti nell’era Genroku e sono parte di una storia di produzione di sakè che ha attraversato generazioni.

I visitatori vengono accolti da una sakabayashi, una palla decorativa realizzata con rami di cedro, che pende maestosa dalla grondaia del Genrokuzo. Il cedro è indispensabile per distillare il sakè. Tutti gli anni, la sakabayashi accoglie le preghiere rivolte agli dei per assicurarsi una buona annata. Quando se ne espone una nuova, si rende noto a tutti che è pronto del nuovo sakè.

Nato nel 1984, Mikio Ozawa ha sostituito il padre Junichiro Ozawa, ventiduesimo capo famiglia, nel 2019, diventando il gestore della distilleria per la ventitreesima generazione consecutiva.

“L’industria del sakè fa parte della nostra tradizione ed esistono moltissime distillerie, che si chiamano sakagura (“sakè” più “kura”). Adottano sempre il metodo tradizionale di produzione del sakè in un kura e il gestore porta avanti il nome della famiglia. Io ho tre sorelle ed essendo, quindi, il primo e unico figlio maschio, è stato naturale per me prendere il posto di mio padre. Sono nato e cresciuto qui, pertanto ero già a conoscenza sin da piccolo di quale sarebbe stato il mio destino. Ogni giorno, anche da bambino, salutavo sempre tutti i dipendenti (mi regalavano tantissime caramelle). Ci sono sempre stati, sin dalla mia nascita. Anche ora che sono il dirigente, sono ancora al mio fianco, ed è davvero un’enorme gratificazione. Per me rappresentano l’azienda, ma anche la famiglia.”

“Nell’industria del sakè, è tradizione che il primogenito della famiglia che gestisce una distilleria frequenti l’università agraria ed entri a far parte di un’altra azienda del settore dopo la laurea. ‘Puoi imparare tutto quello che vuoi sul zymurgy qui a casa. Perché non studi qualcosa di diverso?’ mi suggerì mio padre. Così mi dedicai all’economia aziendale. Mi sono laureato nel 2008 e ho lavorato per 5 anni nell’ufficio amministravo di un’azienda alimentare. Nel 2013 mi sono unito all’attività di famiglia e ho appreso l’arte di produzione del sakè.”

“Sono diventato il gestore della distilleria prima di quanto mi aspettassi. Un’azienda a conduzione familiare ha i suoi pro e contro. Mio padre si occupa dei lati più negativi, quindi non interferisce affatto. Lascia che sia io a spiegare le ali al presente. Tra gli aspetti positivi, poi, il fatto di essere padre e figlio aiuta molto la comunicazione. Sappiamo entrambi quando è il momento di fare un passo indietro e riusciamo sempre a trovarci sulla stessa lunghezza d’onda. Inoltre, mio padre mi ha preceduto come proprietario, quindi è a lui che mi rivolgo per avere consiglio sulle questioni più critiche. Sono convinto che siamo una bella squadra.”

“Durante le interviste mi chiedono spesso cosa vorrei cambiare del periodo a capo dell’attività, ma non sono a mio agio con i cambiamenti, preferisco la sublimazione. Faccio parte della ventitreesima generazione, ma fu mio nonno, nella ventunesima, ad introdurre i tour in distilleria. Fu lui a creare il business turistico modello nei kura, sfruttando il turismo per mostrare il richiamo che può avere il sakè. Mio padre, ventiduesima generazione, ha cercato di migliorare la qualità del sakè. Ha innalzato il livello di Sawanoi assumendo i mastri distillatori per il lavoro di cui solitamente sono responsabili le associazioni di distillatori indipendenti.”

Nel 1995 Ozawa Shuzo ha iniziato a produrre sakè d’annata, il Kuramori, un sakè invecchiato. Ad oggi, il più vecchio risale al 2001. Anche se in genere il sakè non comporta un invecchiamento a lungo termine, il Kuramori trasmette la tradizione del sakè dell’era Edo, che comprendeva appunto il sakè invecchiato. È un ottimo esempio di uno dei tanti tipi di sakè, molto apprezzato per prendere del sakè economico, da tutti i giorni, e conferirgli un valore aggiunto. Il Kuramori ha vinto numerosi premi, tra cui un Platinum Award nel 2018 al Kura Master, un concorso internazionale che si tiene a Parigi, e un premio nel 2020 allo Zenkoku Shinshu Kanpyokai (la fiera nazionale per la valutazione e il riconoscimento del nuovo sakè), che si organizza dal 1911.

“La difficoltà nel produrre sakè è la riproducibilità. I giapponesi comprano il Daikarakuchi di Sawanoi (Super Dry) perché è delizioso. È inaccettabile che il gusto cambi dopo averlo acquistato. Il carattere del vino cambia ogni anno, quindi non sembrerebbe esserci la stessa richiesta di riproducibilità uniforme con il sakè. Potrebbe essere azzardato, ma penso che alcune di queste richieste siano semplicemente innate: per i giapponesi il sakè dovrebbe essere stabile e avere sempre lo stesso sapore. Il controllo della qualità in Giappone è molto rigoroso, quindi produrre del sakè che sia soddisfacente significa che dovrà mantenere lo stesso sapore, grazie ad un’elevata qualità che non muti nel tempo. Ma l’asticella è alta per noi, perché non abbiamo a che fare solo con ingredienti naturali, acqua e riso, ma anche con il processo di fermentazione, che è ambiguo. I produttori di sakè fanno davvero fatica a capire il pensiero comune secondo cui il sakè debba restare invariato nel gusto.”

La produzione del sakè inizia con la lucidatura dell’ingrediente base: il riso integrale. La superficie del riso contiene proteine, lipidi e altri elementi che possono dare al sakè un sapore insolito. Un fattore importante che ne determina il gusto è il tasso di levigatura del riso, ovvero ciò che rimane quando lo strato esterno del chicco viene rasato.

In base alla legge sulla tassazione dei liquori, il rapporto di levigatura del riso è stato fissato al 50% per il Daiginjo-shu, il grado più alto, e al 60% per il Ginjo-shu. Più basso è il tasso di levigatura del riso, più lo strato esterno viene rasato, ottenendo un gusto raffinato ed elegante.

“Dal punto di vista della gestione e della qualità del sakè, l’equilibrio è fondamentale. Prendiamo il Daiginjo. Anche se il buon sakè è considerato altamente aromatico, non si tratta semplicemente di estrarre il massimo dell’aroma. Se la dolcezza e il sapore rotondo sono gli standard, come si fa a determinare quale sia il livello migliore? Al di là delle proprie preferenze, non esistono risposte assolute, ma c’è sempre un punto di equilibrio squisito tra questi aspetti. Ottenere un buon equilibrio è imprescindibile per chi si occupa di cibi e bevande di lusso.”

Il sakè essenzialmente è costituito da riso, acqua e malto. Il riso levigato viene lavato, immerso in acqua e cotto a vapore. Le spore di muffa koji vengono aggiunte al riso cotto a vapore, che viene lasciato fermentare, producendone a sua volta. Poi si mischiano acqua e koji. Il malto di lievito si ottiene aggiungendo lievito, acido lattico e riso al vapore. In seguito, koji, riso e acqua vengono aggiunti al malto e lasciati fermentare. La mistura viene poi filtrata, producendo un sakè non diluito.

“Nel preparare il sakè, l’acqua è cruciale. A Tokyo, la capitale del Giappone, è una questione di quanta acqua di qualità si può ottenere. Adottiamo due diversi tipi di acqua di sorgente, a seconda della composizione: acqua di media durezza, da un pozzo orizzontale dietro la distilleria, e acqua dolce, da un pozzo di montagna. È indubbiamente un vantaggio avere nelle vicinanze un’acqua talmente famosa che un marchio, Sawanoi, abbia assunto il suo nome.”

“L’acidità è sicuramente presente nel nostro sakè; più che essere leggero e arioso, ha un sapore solido. Invece di essere pesante, solamente saporito, è caratterizzato da un retrogusto piacevolmente tagliente. Dopo la pienezza arriva il bordo affilato, che lo arrotonda splendidamente, facendone risaltare l’acidità. L’equilibrio è importante anche per il sapore del sakè.”

Nel processo di produzione del malto, vengono introdotti i lattobacilli che vivono nelle distillerie, producendo la mistura di semi di kimoto. Rispetto a quella normalmente utilizzata fatta di semi di sokujo, in cui viene aggiunto l’acido lattico già prodotto, quella di semi di kimoto con lievito vivo del kura (l’edificio vero e proprio) fa risaltare al massimo il gusto del riso, ottenendo un sapore più complesso e delicato.

“Preparare la mistura di semi di kimoto è la sfida opposta al raggiungimento della stabilità. Oltre ad essere molto dispendioso in termini di tempo, è anche tecnicamente difficile. Presso la nostra distilleria, lo facciamo e tramandiamo da generazioni. Se ci fermassimo, questa eredità tecnica scomparirebbe. Produrre la mistura di semi di kimoto non è importante solo dal punto di vista tecnico, ma, in qualità di distillatori, anche per la coltivazione dello spirito e la riflessione sul processo di realizzazione. Anche se alcune cose non si vendono, dobbiamo portare avanti la nostra fabbrica di sakè.”

“Abbiamo diversi prodotti fatti con i semi di kimoto. Il genroku, che è fatto solo con il riso, è un junmai-shu (sakè puro, senza aggiunta di alcool). Il riso non viene lucidato, e la mistura di semi è il nostro kimoto tradizionale, con un tasso di levigatura del riso del 90 per cento. Al contrario, il Tokyo Kurabito, che ha vinto un Platinum Award al Kura Master, è un junmai ginjo-shu (sakè di riso puro, senza additivi). Il riso è rasato con un tasso di levigatura del 55 per cento e i batteri utilizzati sono specifici per la produzione di un aroma fruttato che caratterizza la dolcezza del ginjo. Tokyo Kurabito è un sakè che incarna la scoperta del nuovo apprendendo dal passato: utilizziamo la complessa produzione acida che caratterizza il kimoto e poi intrecciamo la tecnologia contemporanea per la produzione del ginjo con il metodo tradizionale di fabbricazione del kimoto. Anche se la richiesta di una qualità elevata stabile è una costante, il gusto della mistura di semi di kimoto varia di anno in anno. Il mercato lo consente poiché il kimoto è un metodo di produzione tradizionale. Spero che conduca all’opportunità di creare un nuovo valore per il sakè d’annata.”

“Questa enorme botte di legno risale a 17 anni fa. La utilizziamo per l’Iroha, un sakè kioke jikomi (fabbricato in botti di legno) prodotto con un metodo antico. Un cedro di 300 anni dietro il kura ha cominciato ad appassire. Dovevamo tagliarlo, così abbiamo deciso di farci una botte di legno. Non ci sono più così tanti artigiani che le realizzano ora. Dopo aver cercato in lungo e in largo, siamo riusciti a ordinarne una ad un artigiano di Osaka.”

“Con il kioke jikomi, i microrganismi respirano attraverso il legno e si depositano nella corteccia, producendo un gusto complesso che il sakè solitamente non ha. Questo ricco sakè ha un tasso di levigatura del riso del 65% e la giusta dose di acidità.”

“Ci mettiamo alla prova con vari modi di produrre il sakè perché, in poche parole, lo amiamo. Tutti lo adorano. Ne vendiamo tantissimo anche ai nostri dipendenti. Quando lo assaporiamo, ci viene voglia di assaggiarne ancora di diversi tipi. E poi sentiamo lo stimolo a tentare di riprodurli. Fare riferimento alla letteratura dell’era Edo ci ispira a fare cose nuove. Siamo guidati dalla curiosità e da uno spirito competitivo, di sfida.”

“Dove risiede la soddisfazione nella produzione del sakè? È un articolo di lusso, quindi non esiste una risposta corretta. E senza riferimenti a cui appellarci, semplicemente ci sforziamo per fare del nostro meglio. Eppure, anche così, non si trovano ancora risposte assolute, il che è una sorta di contraddizione. Ogni anno, quando chiudiamo la produzione, pensiamo sempre che sia il migliore di tutti i tempi, e, alla fine, vogliamo puntare ancora più in alto per l’anno successivo. La soddisfazione nel produrre sakè è che si può migliorare in modo semi-permanente, puntando sempre oltre."
— Mikio Ozawa

“Nella produzione del sakè, il riso, l’acqua e le persone sono fondamentali. La tradizione vorrebbe che fossero le associazioni indipendenti ad essere responsabili per il processo, ma i nostri undici distillatori sono nostri dipendenti a tempo pieno. L’inverno è la stagione dedita alla produzione, così in estate si occupano tutti alla pulizia del kura. Non importa quanto grande sia il macchinario: tutto viene spazzato in modo che anche il più piccolo spazio tra due viti risulta perfettamente lucidato. Possiamo mettere la mano sul fuoco sulla pulizia del nostro kura.”

“I nostri lavoratori non fanno niente di speciale, fanno semplicemente ciò che dovrebbe essere naturale, in maniera naturale. Ogni giorno. Quanto a prestazioni, danno il 120 per cento. Invece di limitarsi a fare il loro lavoro, puntano al massimo nell’ambiguo mondo del sakè. Posso dire da come lavorano che la pensano in questo modo anche come individui, e li guardo con fiducia.”

“Anche se è dura, nessuno si arrende. Abbiamo un totale di circa 80 dipendenti, la maggior parte dei quali vuole dare il proprio contributo per rendere Sawanoi sempre migliore. Le persone che entrano in azienda solo per essere pagate, per fare un lavoro, finiscono per licenziarsi perché non si sentono a proprio agio qui. C’è una tale solidarietà tra i dipendenti che quando ciò accade, si può sentire dire: “Mizu ni awanai (L’acqua non gli stava bene)”. In qualità di dirigente, ho assoluta fiducia nel sakè che produciamo qui insieme.”

 

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(Foto di Daisuke Akita)

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