Il gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin ha detto proprio bene: “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”.
Lo stesso si può applicare ai vestiti. I completi che indossiamo, insieme alle camicie, alle scarpe e agli orologi che vi abbiniamo, sono una dichiarazione immediata del tipo di persona che siamo. Indossi un abito di uno stilista che ti esalta in tutto e per tutto? Oppure ti strizzi in un capo dal taglio super aderente? Ne preferisci uno creato appositamente su misura? Porti dei completi personalizzati in modo che appaiano classici, ma mai fuori moda?
La stagione delle piogge è alle porte qui a Tokyo, con un caldo e un’umidità unici in Asia. Ho chiesto a Yasuto Kamoshita, lo stilista di Camoshita United Arrows, di portare per la nostra intervista qualcosa di familiare, che lo rappresenti veramente: ha generosamente risposto presentandosi con una collezione di dodici camicie.
Qui, nella sala stampa della United Arrows, sui capi esposti sul divano sboccia una profusione di colori. Fuori dalla finestra, il verde del Palazzo Imperiale Akasaka luccica sotto la pioggia.
“Le camicie colorate mi ricordano il Grande Gatsby. Il solo fatto di esporre un tessuto come questo dimostra quanto divertimento si può nascondere tra le camicie”, dice Kamoshita con un gran sorriso mentre le ammira. “Di recente il mercato delle camicie formali si è incentrato quasi esclusivamente sul bianco o sull’azzurro. Camicie colorate, a righe come queste sono rare. I tessuti non sono più giocosi. Negli anni ‘70 e ‘80, quando ero giovane, le potevi trovare in qualsiasi negozio. Desidero mostrare alle persone un mondo in cui le camicie possano infondere più gioia”.
Da sole, le camicie provenienti da diversi paesi raccontano il viaggio nella moda di Kamoshita. La prima è un modello a righe rosa scuro, una Yves Saint Laurent acquistata a metà degli anni ’80 a Tokyo. Ci sono poi camicie di vecchia data: su misura, ordinate per diversi decenni da Charvet a Parigi, così come un modello con colletto a linguetta e un’eccentrica camicia a righe di Hilditch and Key a London.
“Ho richiesto e provato camicie da ogni dove – Regno Unito, Francia, Italia, Stati Uniti, Giappone – e di varie aziende e atelier. Sicuramente non sono un fan del cucito a mano. Il metodo con cui viene realizzata una camicia non influisce su come la si indossa. Quando si tratta di stile, non traccio delle linee nette. Vale tutto. Ma per quanto riguarda l’indossabilità vera e propria, una camicia francese che è stata cucita a macchina, con cura, delicatezza e precisione ha sicuramente qualcosa di diverso rispetto a un modello di sartoria napoletana. Le camicie americane ed europee, anche se a volte risultano ruvide o raffazzonate, sono una soluzione efficace da poter lavare in lavatrice e indossare spesso. Questo tipo di qualità è una delle tante possibilità di godersi una camicia. I modelli che vedi qui, li ho collezionati nell’arco di trent’anni. Mi ci sono affezionato per il modo in cui riescono a catturare il periodo e la cultura di quando le ho acquistate. Sono come dei diari scritti da diverse personalità, che raccontano storie tratte dall’archivio del mio essere”.
Dato che Mr. Kamoshita è un professionista della moda che ha indossato camicie di tutti i paesi, c’era qualcosa che desideravo chiedergli: cos’è che rende ottima una camicia?
“Nelle camicie, il tessuto è tutto. Se la qualità dei colori, dei pattern e del tessuto (essendo a diretto contatto con la pelle) rappresentano il 90%, il restante 10% è costituito da taglio, cucitura e disegno del collo. Ho camicie bianche, azzurre e altre a tinta unita, ma i miei tessuti preferiti hanno corpo e resilienza, come i cotoni doppio ritorti in 120/2 e 140/2 di Thomas Mason. Ciò che rende davvero ottima una camicia è la sua natura. Una camicia button-down in American Oxford e un popeline di alta qualità e dai colori vivaci come quello di Charvet hanno stili e mood diversi. Ecco perché è interessante avere più varianti. I colori neutri degli abiti e delle giacche sono lo sfondo ideale per gli uomini che desiderano sbizzarrirsi: sta tutto nella V-line, nella camicia, dove è facile esprimere un sentimento o un trend. Anche se corri il rischio di fare un pasticcio, se pensi ‘Tanto è solo una camicia’, è più semplice osare rispetto a quanto faresti, ad esempio, con un completo. È questo che rende le camicie così divertenti. Anche se la gente parte dal presupposto che scegliendo il classico non si può mai sbagliare, non voglio rimanere incastrato nel cliché; voglio cercare nuove sfide”.
Nella sede centrale di United Arrows c’è un luogo speciale per Kamoshita: la sala dell’archivio. Qui si conservano collezioni di capi vintage dall’Europa, libri con campioni di tessuto, riviste di moda e altri materiali.
“Cercare nell’archivio è come abbozzare qualcosa prima di realizzarlo: è la padronanza dei fondamenti. È imparare dal passato per creare il presente. Per questo ritengo che gli archivi siano importantissimi.”
A prova di ciò, dalla collezione di dodici camicie spicca una Turnbull & Asser di un colore intenso. “Quando ho esplorato l’archivio di Thomas Mason, ho scoperto un tessuto esclusivo prodotto per l’azienda nel 1975. Con la base in color caffellatte e la riga in nero, questo tessuto unico riporta in vita il mood radicale tipico degli anni ‘70”.
Mentre lo stile di Kamoshita è elegante, per molti si tratta di sprezzatura: l’apparenza di un’eccellenza senza sforzi. Questo probabilmente perché, nello spirito di quanto detto in apertura, lo stilista non ha dimenticato il semplice piacere dell’indossare. Sebbene per il suo stile e le sue creazioni attinga da storia e cultura di paesi di tutto il mondo, i materiali, le silhouette e la sartoria di Kamoshita sono caratterizzate da un’atmosfera contemporanea. In altre parole, riesce a dar luce a un eclettismo che combina Giappone e Occidente. La sua libertà nell’eludere la trappola di una qualsiasi categorizzazione di stile derivante dall’essere giapponese sta all’origine del suo look così unico.
(Foto di Yuthanan Chalmeau)
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