Il Grande Schermo
Colore, profondità e oscurità: gli abiti sartoriali de “La Grande Bellezza”
Di Charlie Thomas
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C’è un certo non so che nello stile italiano, specialmente quando si parla di abiti sartoriali. La tradizione di Savile Row è strettamente legata alle uniformi militari e gli abiti realizzati da questi sarti sono ampi, strutturati e piuttosto rigidi. Al contrario, la sartoria italiana – napoletana, fiorentina o milanese che sia – è più rilassata, morbida e delicatamente costruita. I lettori che hanno avuto il piacere di portare un abito o un cappotto italiano potranno sicuramente confermare come averlo indosso cambi la propria prospettiva sul mondo: aiuta a sentirsi più raffinati, chic e anche un po’ più leggeri.

Ne “la Grande Bellezza”, film di Paolo Sorrentino vincitore del Golden Globe e del Premio Oscar come miglior film straniero nel 2014, il protagonista Jep Gambardella cattura perfettamente questa dualità. Jep, l’autoproclamato re dell’esuberante vita notturna di Roma, con i suoi capelli argentati incarna l’arte italiana della “sprezzatura”, il concetto di una studiata disinvoltura.

Che abbiate visto “La Grande Bellezza” o meno, l’immagine è chiara. Un uomo che girovaga con aria sicura per le vie assolate di Roma, con una spavalderia perfetta che richiama alla mente gli uomini più eleganti di metà secolo. Durante la scena di una festa, la sfrontatezza di Jep viene rappresentata al meglio: uno slow-motion del protagonista che si accende una sigaretta e procede con piglio sicuro in mezzo a una folla danzante. Fa una pausa, inspira ed espira il fumo, con una mano in tasca e lo sguardo di chi sembra aver già vissuto tutto quello. È una scena magnetica, che cattura quel senso di indifferenza che tutti noi, prima o poi, abbiamo desiderato emulare.

Ma, come in ogni melodramma che si rispetti, Jep è un personaggio complesso, combattuto tra il fascino superficiale della vita borghese e la ricerca di un significato esistenziale. Spesso il suo abbigliamento vistoso rispecchia questo conflitto interiore – un vero colpo di genio dei costumisti del film. I suoi abiti hanno uno stile napoletano tradizionale, con spalle morbide, vita stretta, giacche corte e pantaloni affusolati, ma i colori sono tutt’altro che convenzionali. Arancione bruciato, giallo limone, celeste e avorio: tonalità che non passano inosservate. Questi colori comunicano ostentazione e potere, ma sono anche il grido d’aiuto che Jep non riesce a chiedere. Durante il film, i suoi abiti su misura sono spesso abbinati a una camicia bianco candido: una base neutra per i suoi completi così sgargianti.

Le camicie indossate dal protagonista sono veri oggetti di bellezza, realizzate con popeline raffinati, abbottonature pulite e colletti morbidi e avvolgenti che si aprono sotto il risvolto delle giacche. Queste camicie sottolineano la grazia di Jep – calzano così perfettamente il suo collo che non potrebbero essere state realizzate per nessun altro. La camicie perfette e realizzate a mano sono chiaramente uno status symbol e raccontano tutto ciò che c’è da sapere sull’uomo che le indossa: lui ce l’ha fatta e lo sa.

“La Grande Bellezza” è un film ammirevole non solo per la sua elegante cinematografia e sceneggiatura, ma anche per il significato allegorico con cui Sorrentino gioca attraverso i costumi. Queste camicie bianche e immacolate sono bellissime, ma alludono anche all’insicurezza che si cela sotto la superficiale spavalderia di Jep: un’assenza di colore e profondità. Gli abiti del film inducono lo spettatore a porsi una domanda fondamentale: aspiriamo al suo stile di vita glamour o lo mettiamo in discussione?

Il finale del film è ambiguo, ma la contrapposizione tra uno stile di vita materiale e la ricerca umana del significato dell’esistenza rende “La Grande Bellezza” un film profondo e coinvolgente, uno di quelli che non potremmo non raccomandare a tutti gli appassionati di stile maschile.

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