La vita di Alberto Soiatti è un perfetto equilibrio tra artigianalità e digitale, restauro e content creation, moto e moda.
Dopo la laurea in Economia e Finanza, Alberto decide di seguire le orme di famiglia e inizia a lavorare nell’officina del padre Daniele a Novara, la Soiatti Moto Classiche, una delle più importanti officine per il restauro di moto d’epoca d’Europa.
Partendo proprio da questa attività, Alberto guarda lontano e grazie alle proprie doti e passioni, come quelle per la fotografia e la moda, diventa anche imprenditore digitale e ambassador di diversi brand, tra cui Montblanc, Iwc, Tagliatore, Jeep, e Seboy’s Shoes.
Determinato e genuino, l’abbiamo incontrato in officina e ci ha raccontato come coniuga queste anime così diverse: radici e ambizioni che tiene unite grazie a una passione contagiosa e un’attitudine da vero gentleman.
“Tutto è nato dal mio amore per la fotografia. Ho iniziato condividendo sui social il lavoro in officina, fotografando le moto che io e mio padre restauravamo. Lui inizialmente non era convinto, pensava perdessi tempo. Ma presto ci siamo resi conto che i social network rappresentavano una grande opportunità per trovare nuovi clienti. Il nostro è un prodotto che richiede una grande cultura motociclistica, ci rivolgiamo a una piccola nicchia di appassionati e farsi conoscere per noi è fondamentale.”
“Nell’officina ci siamo solo io e mio padre, che mi ha insegnato tutto. Lui da ragazzo, negli anni Settanta, era un pilota di motocross ufficiale SWM. Smise di correre abbastanza presto e iniziò a lavorare in un’officina di Novara che si chiamava Merlo Moto, una realtà che si occupava prevalentemente delle maxi-moto dell’epoca. Ha aperto la Soiatti Moto Classiche trent’anni fa e oggi ci lavora ancora tutti i giorni. Io ho sempre bazzicato l’officina, ma ci lavoro in modo continuativo da quando mi sono laureato nel 2014.”
“Per restaurare una moto è necessario studiare e avere un buon network di conoscenze. Ogni volta che arriva una moto che non conosciamo dobbiamo studiarla, spulciare nelle riviste di settore per conoscere a fondo il modello e le sue componenti. Ad esempio, una moto si compone di circa 350 bulloni e per restaurarla bisogna conoscere le misure di tutti. Per le moto più popolari, di cui sono stati immatricolati milioni di pezzi, è più facile trovare i ricambi, ma per quelle meno conosciute sono fondamentali i rapporti costruiti negli anni con i fornitori.”
“Alcuni clienti parlano di noi come “l’ultima spiaggia” per salvare il mezzo a cui sono affezionati. Le moto che arrivano spesso sono in condizioni disperate: ci sono capitate motociclette tirate fuori dal mare, o altre danneggiate da un’alluvione. Molte sembrano irrecuperabili, ma mio padre è capace di impegnarsi per notti intere e settimane di lavoro pur di trovare la soluzione al problema. Per ogni problema c’è sempre una soluzione e quello che per altri è da buttare, noi proviamo a salvarlo.”
“Spesso le persone decidono di intraprendere un restauro esclusivamente per motivi affettivi. Per esempio, a 13 anni mio padre ricevette in regalo da suo nonno un Califfo Prima Serie color turchese. Negli anni successivi lo perdette o lo vendette, ma tempo dopo ne trovammo uno uguale in pessime condizioni e decidemmo di recuperarlo. Mi ricordo ancora che il giorno in cui l’ha acceso la prima volta si è commosso. Ci capita spesso di restaurare moto che erano dei nonni e che i nipoti ci commissionano: farle funzionare di nuovo ha un valore emotivo inestimabile.”
“Io e mio padre qui in officina ci siamo scoperti complementari. Lui mi ha insegnato la tecnica e la tenacia: ammirerò sempre la sua capacità di non mollare di fronte alla paura e ai problemi. Lui da me ha compreso che oggi il lavoro artigianale è più fluido rispetto al passato, che il restauratore non è più solo un meccanico, ma deve anche essere in grado di comunicare. Questo è il valore aggiunto che ho potuto dare in questi anni.”
“C’è stato un progetto che mi è rimasto nel cuore perché ha unito le due anime del mio lavoro. Qualche anno fa abbiamo collaborato con Seboy’s alla realizzazione di un paio di stivaletti di cuoio studiati appositamente per i possessori di moto classiche. Il puntale, infatti, è stato realizzato con un rinforzo sia sulla scarpa sinistra sia su quella destra, così da essere funzionale per chi ha il cambio sull’altro lato. L’evento di lancio ha unito appassionati di moto e persone del mondo della moda, e anche mio padre si è divertito.”
“Mi considero un gentleman rider nell’accezione più pura del termine. In un mondo che sta andando nella direzione opposta, essere una persona galante per me vuol dire essere una bella persona, nella vita e nel lavoro. Credo che le aziende oggi, quando cercano un testimonial, abbiano bisogno di identificarsi in persone che racchiudano questi valori di correttezza e educazione. Un po’ old school lo ammetto, ma anche questo l’ho imparato da mio padre.”
Fotografie di Paolo Biava
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