
L’incontro con Jonathan Sigmon è fissato nello store di Alan Flusser, al 3 East 48th Street, nel cuore di Midtown Manhattan. Sono venuto per capire come abbia gestito la transizione che l’ha portato a diventare titolare e direttore creativo del brand.
Se avete visto American Psycho o Wall Street, allora avrete presente il classico look Flusser. Abiti dal carattere audace ma con un’eleganza disinvolta. Oltre ad aver curato i costumi di questi personaggi, dalla fine degli anni ‘80, il negozio di Alan Flusser è diventato il posto a cui rivolgersi per farsi confezionare degli abiti su misura.
Jonathan, puoi parlarmi di Alan?
Alan è autore e stilista. Ha diretto per 35 anni l’Alan Flusser Custom Shop e ha scritto diversi libri di tendenza in cui dava consigli su come vestire bene. Ma è probabilmente noto, soprattutto, per Dressing The Man, riconosciuto come il testo più autorevole sull’abbigliamento maschile.
Fondò l’Alan Flusser Custom Shop negli anni ‘80 e fu uno dei primi promotori dello stile sartoriale morbido e cascante negli Stati Uniti. Quando il film Wall Street, di cui Alan curò i costumi, uscì nelle sale, tutti volevano vestire come Gordon Gekko (nonostante la storia fosse stata pensata come ammonimento, piuttosto che come ispirazione). Il negozio divenne il punto di riferimento per la comunità finanziaria e bancaria di NYC, contribuendo così a far prendere il largo all’attività, che opera ormai da quasi 40 anni.
E tu, da dove sei partito?
Io vengo da Northwest Arkansas. Mio padre lavorava nel settore edile e io mi davo da fare insieme a lui durante l’estate. Dopo gli studi mi sono occupato di software aziendali nell’Arkansas centrale, ma mi sentivo sempre fuori luogo. Mi ritrovavo a guardare Tumblr e altri blog durante l’orario di lavoro. E questo nel pieno dell’era del #menswear, quando la comunità online era molto vivace, un trampolino di lancio per la rinascita della moda maschile che abbiamo visto prendere piede intorno al 2010.
Ho avuto la fortuna di ottenere un lavoro per Suitsupply, aiutando nella creazione del loro team di acquisti all’inizio della loro espansione negli Stati Uniti, e che mi ha condotto a NYC.
Poi hai incontrato Alan?
Ho conosciuto Alan tramite un amico ed ex collega di Suitsupply. Sono entrato a far parte del settore operativo della sua attività su misura, lavorando con i nostri sarti e le fabbriche per ottimizzare la produzione. Negli anni successivi è poi iniziata la mia scalata: prima capo delle vendite, poi gestore del negozio e infine ho assunto quello che era il ruolo di Alan.
Nel 2020, il COVID ha reso tutto molto più complicato e dopo decenni al comando della sua attività, Alan ha deciso che era il momento di andare in pensione. Se avessi dovuto prendere la mia strada avrei avviato un’attività simile, quindi è stato naturale raccogliere il testimone di Alan Flusser. Le proporzioni degli abiti, la silhouette e l’approccio alla base della realizzazione dei capi disegnati per esaltare le forme di ciascuno sono tutti aspetti che ritengo fondamentali e che sono onorato di poter continuare a proporre.
Come descriveresti lo stile del brand?
In sostanza, definirei la nostra sartoria una “silhouette drappeggiata rivisitata”. Preferiamo un po’ di pienezza sul petto, linee morbide sulle scapole e con un punto vita sagomato ma naturale. Si tratta di capi dal taglio morbido, con una leggera imbottitura sulle spalle e una tela frontale morbida e piena, senza la rigidità di un rinforzo in crine di cavallo.
I nostri pantaloni si dividono in modelli a vita piuttosto alta, con pieghe davanti e modelli più slanciati, con la parte frontale piatta. Invitiamo sempre la clientela a provarli indossandoli il più vicino possibile alla vita naturale e un po’ più ampi rispetto a quanto sono abituati.
E per quanto riguarda le camicie?
Prediligiamo i tessuti che aggiungo interesse all’intero outfit. Ad esempio, io di solito preferisco proporre una Shadow Stripe o una multi-stripe piuttosto che una semplice Bengal o Pencil Stripe. È un piccolo dettaglio che in pochi noterebbero, ma è proprio quel tocco di eccentricità che fa la differenza.
Proprio come per tutti i nostri capi sartoriali, la chiave nella realizzazione di una bella camicia sono le proporzioni. Quando si indossa una camicia, la sinuosità del corpo deve essere esaltata, senza dare l’impressione di essere costretti nella stoffa. E poi prestiamo particolare attenzione ai colletti e ai polsini.
I nostri colletti tendono a essere più eccentrici rispetto a quelli che si trovano in commercio. Le punte del colletto devono essere abbastanza lunghe da infilarsi al di sotto dei risvolti della giacca. Un colletto troppo piccolo può far sembrare una testa stranamente grande. Per chi ha una forma del viso sottile e allungata andrebbe meglio un colletto ampio per controbilanciare queste spigolosità. Chi, invece, presenta un volto più rotondo starà meglio con un colletto più appuntito/dritto, in grado di compensare le forme.
Il taglio delle nostre maniche è lungo e i polsini aderenti, così che rimangano ben posizionati alla base del polso, anche durante i movimenti.
Noi diciamo che incorniciamo i visi e vestiamo le mani. Proprio come si sceglierebbe una cornice per andare a completare ed esaltare un pezzo d’arte, così andrebbe scelto il colletto di una camicia, che ci faccia apparire al meglio.
Prenota un appuntamento con Jonathan su alanflusser.com
Fotografie di Elliot Hammer
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